'Giorno della Memoria' in scena il racconto di Ceija per gli studenti delle 'medie' di primo grado

Questa mattina al cinema La Perla, alle 10, via dei neri 15

 

EMPOLI – Buio pesto. La sala del cinema La Perla gremita di studenti delle scuole secondarie di primo grado di Empoli. Una piccola luce soffusa illumina un corpo di donna, vestita di scuro, con legato in vita uno scialle di colore rosso. Una musica l’accompagna. Va in scena “Ceija Stojka – Forse sogno di vivere”: il racconto diretto di una bambina rom di undici anni, reduce da tre campi di concentramento, liberata nell’aprile 1945 da Bergen-Belsen, interpretata da Katia Frese. Questo il primo dei tre appuntamenti dedicati al ricordo, a ciò che non deve più accadere. Al ‘Giorno della Memoria’ riconosciuto nella giornata del 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, per ricordare la Shoah. Sarebbe semplice chiudere gli occhi, voltarsi dall’altra parte e fingere che nulla sia accaduto. Una parentesi vergognosa della storia dell’umanità che ci ha fatto capire quanto possa essere bestiale la follia della mente umana.

 

Dodici le classi terze della scuola media inferiore presenti quest’oggi, lunedì 26 gennaio, al cinema ‘La Perla’ di Empoli per il primo spettacolo: due della ‘Vanghetti’, due della SS.Annunziata, otto classi delle ‘Busoni’.

«E’ con piacere che do il benvenuto a tutti voi da parte della amministrazione comunale, del sindaco che in questo momento è impegnata in un incontro sulla sicurezza – ha detto in apertura della giornata Eleonora Caponi, assessore alla Memoria -. Accanto a me Sauro Cappelli presidente onorario della associazione Aned che porta il foulard con i colori di quei campi di sterminio. Sauro rappresenta l’Aned che con l’amministrazione comunale porta avanti il nostro progetto ‘Investire in democrazia’. Un lavoro sensibile – continua Caponi – di ricordo di quei familiari che sono montati su quei blindati e non sono più tornati. Un grazia a Katia Frese, Alice Ulivi, Luigi Magnani per lo spettacolo. Lo scorso anno sono stata a visitare i campi di sterminio di Auschwitz e Birkenau e mi è rimasta impressa la stanza delle valigie. Sì perché immaginatevi tante stanze strapiene, colme di oggetti necessari per sopravvivere: la stanza piena di cucchiai, di spazzolini, di rasoi, di scatolette di sapone, di capelli. Di scarpe da bambini. Una valigia su tutte mi colpì. Quella dove c’era scritto un nome, Anna, tre anni. Facevano portare via loro gli oggetti più utili per sopravvivere per poi toglierli ed ammassarli in quelle grandi stanze, perché non li avrebbero mai più utilizzati. Mi sono chiesta perché e non sono riuscita a darmi una risposta. La storia non ha dato ancora delle risposte. Questo spettacolo può aiutarci a capire la sofferenza – ha detto agli oltre quattrocento studenti presenti».

 

Sauro Cappelli ha ringraziato le Istituzioni, le associazioni che preservano la memoria, il ricordo di quelle assurde atrocità. Ma soprattutto ha ringraziato loro, gli studenti. «Un grande ringraziamento a voi che siete qui stamattina per ricordare la Giornata della Memoria. Noi siamo qui per ricordare dodici milioni e mezzo di persone che nei campi di sterminio hanno lasciato la propria vita. Per me è un onore rappresentare i nostri concittadini, centosedici empolesi, che il 18 marzo del 1944 furono prelevati e deportati di cui soltanto dodici ebbero la fortuna di fare ritorno a casa. Voi siete l’avvenire ragazzi – prosegue Sauro – quelli che domani dovranno guidare questo paese. Non vi dimenticate mai di questa giornata, mai. Questo è l’impegno che quelle vittime lasciarono alla mia vita e che oggi lascio a voi, nelle vostre giovani mani. Se oggi siete liberi è anche grazie a tutti quegli esseri umani che hanno perso la vita».

 

LA STORIA di CEIJA - Basta togliere un po’ di terra dalle colline. Stanno là. Tutti ammassati. Io e mia madre lo abbiamo visto… Ceija sei in cielo, sogni di stare sulla terra. E’ impossibile che tu sia riuscita a salvarti la vita. Reduce dalla deportazione ad Auschwitz e Ravensbrück, l'undicenne Ceija Stojka giunse nel campo di concentramento di Bergen-Belsen al principio del 1945. Vi sarebbe rimasta - insieme alla madre e ad altri parenti - fino all'aprile dello stesso anno, quando il lager venne liberato dai soldati dell'esercito britannico. Di lì a poco poté intraprendere il lungo viaggio per tornare nella sua città, Vienna. Dopo oltre mezzo secolo, l'ormai settantenne Ceija Stojka ricorda i mesi trascorsi a Bergen-Belsen. Descrive senza enfasi la spaventosa quotidianità, l'onnipresenza della morte, il tormento della fame, le violenze subite, la ferma volontà di sopravvivere, perché la vita ha tre possibilità: fuggire, combattere o non fare nulla. Dal racconto si evince chiaramente un ostinato interrogarsi su un aspetto: come hanno potuto, tanti uomini, mettersi così ciecamente nelle mani di un altro uomo, di un regime sanguinario? Il suo racconto non fornisce risposte al riguardo ma trae esplicitamente origine da una impellente necessità: ricordare per combattere la sopraffazione e l'oblio, poiché ciò che è stato può ripetersi.Katia Frese regista ed unica interprete dello spettacolo riesce con il solo linguaggio teatrale che diventa universale, a rappresentare una tragedia che ha segnato drammaticamente la storia italiana ed europea e che non deve essere dimenticata.

Al termine dello spettacolo è stato proiettato un video sullo sterminio dei rom, con alcune immagini di repertorio.

 

STASERA SPETTACOLO GRATUITO per LA CITTADINANZA - Lo spettacolo va in replica questa sera, lunedì 26 gennaio, alle 21.30, sempre al cinema La Perla, via dei Neri 15, aperto alla cittadinanza, ingresso gratuito.

Domani, martedì 27 gennaio 2015 alle 10 lo spettacolo è rivolto alle scuole secondarie di secondo grado, sempre al cinema La Perla.

 

IL LIBRO E LA TESTIMONIANZA - Una delle poche sopravvissute al genocidio degli zingari, Ceija Stojka (che quel carro armato che sfondò il filo spinato del campo di concentramento lo ha visto con i suoi atterriti occhi di undicenne), la cui storia vera è narrata nel libro ‘Forse sogno di vivere’, edito da Giuntina nel 2007. Schiava innocente che non rappresenta il singolo ma una umanità intera, vittima del Porrajmos – Olocausto in lingua rom – in età adulta lascia che i ricordi si riversino sulla carta e giungano a noi perché niente sia dimenticato, perché è giusto così. Ma, leggendo questo libro, quanto vorremmo che almeno lei avesse invece dimenticato gli orrori che racconta? Trasferita da Auschwitz nel campo di Bergen-Belsen, la bambina rom Ceija visse per quattro mesi assieme a sua madre e altri parenti in condizioni indescrivibili, tra montagne di cadaveri in cui intrufolarsi per non sentire freddo, cibandosi di stracci e lacci di scarpe – quando la sorte era buona – altrimenti di terra che, se scavavi, aveva un sapore migliore. Mi è doveroso dirvi che questa lettura vi farà star male e non mi vergogno di ammettere la mia commozione in certi passaggi, talmente duri da richiedere una pausa. Ma non duri perché raccontati con rabbia, dolore, rancore, odio, no: duri da accettare, da sopportare, da assimilare come reali, seppur raccontati con semplicità e privi di quell’odio feroce che ci si aspetterebbe da una vittima di tali atrocità. Invece questa straordinaria donna, della quale già vi abbiamo parlato in occasione della sua scomparsa (gennaio 2013), non maledice, ma si domanda come ciò sia potuto accadere. E ci dice che potrebbe succedere ancora. Come hanno potuto, tanti uomini, mettersi così ciecamente nelle mani di un solo uomo? Io, leggendo questo e i tanti altri libri sull’argomento, sgomenta mi chiedo come sia possibile che l’essere umano, se legittimato a farlo, mostri tanta crudeltà e sadismo. È proprio questo che mi fa dar ragione all’autrice quando dice che potrebbe accadere ancora. Rendiamocene conto. Ceija Stojka ha passato il resto della sua vita, naturalmente da donna libera, nella città di Vienna, dove – poetessa, scrittrice, musicista, pittrice – ci ha lasciato testimonianze importanti del suo vissuto ma soprattutto della sua grande umanità, che traspare fin dalle sue testimonianze di adolescente che – avutane l’occasione – non riesce a sollevare il bastone contro il suo aguzzino. Vivere, vivere a ogni costo: è questo che ci fa trovare la forza per andare avanti anche quando sarebbe un atto di pietà verso noi stessi fermarsi? Là dentro si verifica in primo luogo un crac. Poi nella testa e nel corpo, cancelli tutte le possibilità, ogni brama e desiderio. Mangi solo quello che trovi. Ecco che c’era un pezzo di tessuto. L’ho masticato fino a quando non è diventato come una balla di paglia e quindi l’ho ingoiato. Un essere umano è davvero molto tenace.