God Save the Queer! - MICHELA

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Cinque parole a vanvera su Michela
Ecco qua cinque parole su chi sono e cosa faccio; mi chiamo Michela, e lavoro come illustratrice, grafica freelance e sono anche content creator, molto attiva sul mio profilo Instagram @meriodoc. Sono nata nel 1996 e vivo in un piccolo paese chiamato Dolzago, in Italia. Nel 2018 mi sono laureata con Lode in Illustrazione allo IED di Milano.
Adoro tutto ciò che appartiene al passato, i vestiti vintage in particolare, colleziono pipe e sono totalmente ossessionata dai cani, carlini in particolare. Disegnare per me è come respirare; mi piace soprattutto trattare tematiche legate al femminismo intersezionale, inclusivity e sessualità, e ovviamente alla comunità LGBTQIAPK+.

Una dote/caratteristica che non può mancare a una persona inclusiva
Credo che la caratteristica che assolutamente non può mancare ad una persona inclusiva sia l’essere solidale, con chiunque, non ci si può permettere di escludere nessun*. Molto importante saper passare il microfono e dare spazio a quelle minoranze che invece vengono spesso ignorate se non addirittura taciute.

Cosa ami di più della tua vita?
Sarà una risposta scontata, ma una delle cose che amo di più della mia vita è proprio disegnare. I miei soggetti preferiti tra l’altro sono proprio le persone, perciò è sempre molto stimolante cercare di rappresentare tutte le sfumature, fisiche e non, degli esseri umani, cercando di andare oltre gli stereotipi.

Ah già… thè o caffè?
Assolutamente the :))

Quali sono le condizioni necessarie per cui una persona riesca a fare coming out in maniera serena all’interno di un contesto?
Il coming out è una situazione veramente soggettiva, non c’è un modo solo per farlo, poiché appunto ogni persona è diversa, e ha bisogno dei suoi tempi e spazi per sentirsi a proprio agio nell’aprirsi riguardo il proprio orientamento sessuale e identità di genere. Per quello che mi sento di consigliare, prima di tutto penso sia importante individuare una persona di fiducia, un familiare o un* amic* che ci fa sentire al sicuro. Può essere meno traumatico cominciare ad aprirsi con una persona sola, meglio ancora se in un contesto più appartato, senza altre orecchie indiscrete attorno. Magari appunto da sol* sedut* davanti a una bella tazza di the ;)

Potresti approfondire le tue bandiere e spiegarci come convivono perfettamente tra loro?
Avviso subito che sarà una risposta lunga, ma cercherò di spiegare per bene. Partiamo dalla mia identità di genere, che di solito è la parte più ostica: mi identifico come persona Gender Fluid, il che vuol dire che la mia identità di genere non è mai ferma ma è un po’ come se fluttuasse e fosse in costante movimento e mutamento. Sono una persona non-binaria perché non mi ritrovo nel binarismo di genere uomo-donna, la mia anima è mutevole e viaggia spesso da un binario all’altro, e anche fuori binario, in zone neutre e anche senza genere. Per questo motivo mi piace molto (e mi aiuta anche a vivermi meglio) giocare con la mia espressione di genere: alterno in modo casuale, in base a come mi sento istintivamente, vestiti più “femminili” e più “maschili”, o anche una commistione di entrambi. Poiché dentro non mi percepisco sempre uguale, anche esternamente devo riflettere questa cosa, e i vestiti, il trucco e i capelli (di cui cambio spesso colore e taglio) mi permettono di cambiare continuamente e stare bene con me stessa.
Passo ora all’orientamento sessuale.
Mi etichetto come persona pansessuale, o comunque Pan, poiché riconosco di essere attratta da una persona al di là del suo genere/ genitali. Sono inoltre demisessuale, ovvero comincio a provare, in modo spontaneo, attrazione sessuale verso qualcun* solo dopo che abbiamo instaurato un forte e intenso legame emotivo; solitamente, quando mi piace molto una persona, comincio a provare una forte attrazione sensoriale, mentale ed emotiva, l’attrazione sessuale è qualcosa che nasce dopo, in modo del tutto naturale.
Mi piace pensare ad una connessione tra anime quando parlo del mio rapporto “amoroso” con qualcun*. Ultimamente sto inoltre riscontrando sempre più affinità con la bandiera demiromantica. Mi sono ritrovata spessissimo a riflettere sullo spettro aromantico e ad interrogarmi sul significato di romantico. Mi sono sempre definita come una persona dolce e romantica, ma spesso sono entrata in contrasto con il concetto canonico di romanticismo, di come viene intesa una relazione romantica secondo gli standard imposti dalla società. Ho cominciato quindi a riflettere sullo spettro aromantico, cercando di capire se avessi mai provato o se provassi attrazione romantica verso qualcun*, poiché non reputo essenziale l’essere in una relazione per essere valid* e stare bene con sè stess*; da sola non sento nessun tipo di pressione o mancanza. Non ho desiderio di fidanzarmi, sposarmi, fare figli ecc, insomma mettere su famiglia secondo lo schema sociale prestabilito. Il mio primo desiderio è vivere facendo quello che più mi piace, disegnare, scrivere, informare la gente, ottenere quindi la mia indipendenza, sociale e lavorativa. Si, vorrò una mia casa un giorno, un luogo sicuro, dove vivere con i miei cani. Non nego che mi è capitato di incontrare e conoscere delle belle persone con le quali ho avuto delle intense connessioni, da far nascere in me il desiderio di una relazione romantica, inteso come desiderio di costruire insieme un progetto di vita condiviso insieme. Ancora non riesco a capire quanto sia intensa questa attrazione romantica che nasce in me in queste particolari circostanze, ma sono sempre più convinta di rientrare nella bandiera demiromantica, ovvero l’essere appunto attratta a livello romantico da qualcun* solo dopo aver instaurato un forte legame emotivo.

Il termine “etichetta” può assumere una accezione negativa e addirittura avvalorare la discriminazione; in una tua riflessione su ig affermi “in questo momento è importante usarle [le etichette]” in questo caso ti riferivi all’utilizzo nei dialoghi e tra i personaggi dei telefim; secondo te questa affermazione può essere valida sempre?
Penso sia molto importante utilizzare un linguaggio chiaro. Le etichette sono tante, e certo possono creare molta confusione per chi non si è mai distaccat* o sentit* lontan* dal modello etero e cisgender; le etichette infatti sono delle ancore di salvezza per chi si sente diverso rispetto a quel modello, le persone possono ritrovarvisi, capire che le loro sfumature sono del tutto valide e che non sono da sol*. Il mondo è molto variegato e le etichette cercano di rappresentare tutte le differenze, puntando all’auto-accettazione di sé. Perciò sì, è fondamentale in questo momento utilizzare le etichette, perché c’è ancora molto pregiudizio e ignoranza attorno ad esse, se solo venissero approfondite e si ascoltassero le esperienze dirette di chi le utilizza, si potrebbero cominciare a rompere i muri che ci separano, impareremmo che nonostante le nostre differenze e sfumature non siamo poi così diversi.

Rimanendo intorno al tema del linguaggio, cosa ne pensi dell’introduzione della schwa nella lingua italiana? Quali sono secondo te gli aspetti da considerare per la ricerca di una lingua più inclusiva? 
Penso che l’introduzione della ə non dovrebbe essere vista come un’offesa grammaticale o come un affronto alla lingua italiana. Si tratta di una soluzione temporanea, insieme all’utilizzo di altre opzioni (come la x, y, * ecc) per poter utilizzare un linguaggio più inclusivo e neutrale, poiché la lingua italiana è prevalentemente pensata al maschile e ha il grande “difetto” di definire e declinare nomi, verbi ecc, in base al genere. In primis abbiamo l’utilizzo del maschile esteso, anche quando il destinatario è un gruppo composto per la maggioranza da donne; basta la presenza di un singolo uomo e si usa comunque “tutti”. Abbiamo l’uso diffuso di terminologie maschili riferite alle professioni delle donne, le varianti al femminile (es. avvocata, direttrice, assessora, architetta, ecc) non vengono utilizzate poiché “suonano male”, “sono ridicole”, e questo è in parte sintomo dell’idea che la professione declinata al maschile anche per la donna le dia più credibilità, che in questo modo venga presa più sul serio. Non giudico come una persona preferisce definirsi; molto spesso anche io alterno illustratore e illustratrice, per il semplice fatto di sentirmi a mio agio sia al maschile che al femminile. Ma sostengo pienamente la riappropriazione dei termini femminili e del femminile nel linguaggio, poiché è proprio dal linguaggio che poniamo le basi del pensiero e da cui bisogna partire per sradicare il maschilismo intrinseco.
Tornando alla mancanza di una terminologia neutra nella lingua italiana, questo è un grande problema, perché troppe persone vengono escluse dalla conversazione; dobbiamo imparare a capire che non esistono solo uomini e donne, ma anche le persone non binarie e gender non-conforming. Gli aspetti più importanti da considerare nella ricerca di un linguaggio più inclusivo, sembrerà ripetitivo, ma è proprio il riuscire ad includere tutt*. È davvero fondamentale tenere a mente il concetto di neuro-diversità: alla base, ogni cervello, è diverso. Inoltre, non esistono solo persone neurotipiche, con un funzionamento cerebrale tipicamente e socialmente riconosciuto e considerato valido, non dobbiamo dimenticarci delle persone neurodivergenti, (persone autistiche, con DSA, ADHD ecc). Non tutte le persone sono in grado di leggere la ə, oppure qualsiasi altra lettera venga usata per rendere il linguaggio neutro, e non tutte le persone usufruiscono allo stesso modo lo stesso contenuto (basti pensare es. una storia su IG con una persona che parla senza sottotitoli, per una persona sorda quel contenuto non è efficace). Per questo è importante cercare di trovare un linguaggio e una comunicazione sempre più comprensibili e che tengano conto di tutte le differenze che caratterizzano lo spettro umano e che non tagli fuori nessun* dal dialogo.

Da illustratrici sappiamo bene come un’immagine valga più di mille parole. Cosa ti ha portato a combinare il tuo lavoro come illustratrice e grafica con le tematiche legate al sesso e all’educazione sessuale? Noti che sia più facile spiegare molti temi delicati o tabù attraverso le immagini?
Non me ne sono resa conto subito ma ad un certo punto ho avuto proprio una svolta. Ho cominciato a seguire tant* attivist* e professionist* in ambito di salute sessuale e ad informarmi sempre di più su vari temi legati al sesso e all’educazione sessuale, spinta sia da una curiosità ma soprattutto dai feedback esterni che riscontravo. Ho notato che ahimè esiste ancora tanta ignoranza e mancanza di strumenti per poter costruire una vita sessuale e un percorso di salute e rispetto del corpo anche, e allo stesso tempo una gran fame di conoscenza da parte della gente. Ho realizzato di avere avuto una grandissima fortuna con la mia famiglia; ho il privilegio di essere figlia di un urologo e di un’infermiera, e di aver sempre avuto con loro un dialogo aperto e maturo riguardo igiene e salute sessuale.
Altre persone non hanno avuto questa fortuna, e le scuole non insegnano nulla sull’educazione sessuale, perciò questo mi ha spinto ad assumere il ruolo di divulgatore. Penso sia giusto informare in modo chiaro le persone, e creare dei luoghi sicuri dove poter parlare con loro e fornirgli contenuti utili, ci sono veramente un sacco di tabù e stereotipi che mi fanno accapponare la pelle e il mio obiettivo è quello di farli crollare tutti. Si, è diventata una vera e propria missione.

Come spiegheresti, invece a parole, il demiromanticismo? Secondo te, lo spettro dell’asessualità è considerato meno importante di altri orientamenti sessuali e romantici, o comunque meno conosciuto?
Il demiromanticismo è un tipo di orientamento, non sessuale, ma romantico, e rientra nello spettro Aromantico. Le persone demiromantiche provano attrazione romantica, quindi il desiderio di instaurare una relazione romantica, solo nel caso in cui hanno sviluppato, in modo naturale e spontaneo, un forte legame emotivo verso qualcun*.
Spesso si parla di spettro ARO/ACE, (Aromantico e Asessuale) anche se non tutte le persone asessuali sono anche aromantiche, o viceversa. Spesso, entrambi questi orientamenti cadono nel dimenticatoio, sono trascurati e ignorati totalmente.
Perché accade questo? Semplicemente perché viviamo ancora in una società che ricalca il modello mononormativo, amatonormativo, allosessuale ed eteronormativo, ovvero una società in cui le uniche relazioni riconosciute come valide sono quelle monogame, alloromantiche (famiglia “tradizionale”, coppia sposata con bambini ecc), che fanno sesso ed etero.

E come spiegheresti in modo semplice cos’è il femminismo intersezionale?
Il femminismo internazionale è un movimento femminista, una linea di pensiero che riconosce l’intersezionalità, quindi la convergenza tra vari temi e battaglie. Sottolinea che siamo tutt* coinvolt* nella stessa battaglia e lotta per il raggiungimento della parità dei diritti, qualsiasi minoranza oppressa deve avere lo spazio per usare la propria voce e rompere la gerarchia sociale che vede all’apice il “privilegiato”, l’uomo bianco cis etero. Sottolineo quanto sia fondamentale alla base decostruire i vari bias, limiti e convenzioni sociali che ci portiamo dietro, e riconoscere se abbiamo una posizione di privilegio per poter rompere questo sistema di oppressione, dobbiamo lottare non per l’uguaglianza ma per far crollare la piramide gerarchica: ogni battaglia all’oppressione è specifica e bisogna sottolinearlo.
In poche parole, essere transfemminista significa essere solidal* e alleat*. Con questo non voglio assolutamente dire che l’uomo bianco cis-het debba essere demonizzato e messo al rogo: semplicemente si riconosce il fatto che possiede una posizione privilegiata rispetto a l* altr*, ed è fondamentale che la lotta femminista venga fatta prendendo dalla nostra parte come alleati specialmente gli uomini bianchi cis-het; l’obiettivo è averli dalla nostra parte, non contro.

Troppo spesso le persone genderfluid vengono etichettate come “confuse” “che variano orientamento sessuale” ecc. Come si fa a spiegare cos’è l’identità di genere a chi è completamente ignorante? E secondo te, quand’è che finalmente smetteremo di doverlo spiegare?
Non so dire se e quando arriveremo ad un momento storico in cui non ci sarà più bisogno di spiegare cosa significhino tutte le varie etichette, ma una parte di me lo spera tanto, un mondo che non ha bisogno di spiegare più nulla e che accetta chiunque così com’è.
Comunque è verissimo, le persone genderfluid, il termine è ormai stra-abusato nei media, vengono viste come delle persone “confuse” ma soprattutto anche come “imbroglione” e “malintenzionate”, che un giorno si svegliano uomini e se ne approfittano per usufruire dei "benefit dell’essere uomo”, e l’altro si svegliano donne per poter entrare negli spogliatoi o bagni femminili per poter spiare le donne. Tutto questo mi mette molto a disagio, che il termine "fluido" venga associato a qualcosa di così conturbante, e che ancora ci sia questa confusione nel capire le differenze tra orientamento sessuale e identità di genere. Per spiegare l’identità di genere, partirei proprio dal differenziarla dall’attrazione: mentre l’orientamento sessuale è appunto il tipo di attrazione sessuale che noi proviamo verso un genere, più generi o nessuno, l’identità di genere è come ci percepiamo dentro, riguarda il genere a cui noi sentiamo di appartenere, che è indipendente dal nostro orientamento, o sesso biologico ( genitali) o sesso assegnato alla nascita.

Consiglia qualcosa da vedere, ascoltare o leggere per chiunque voglia approfondire l’argomento!
Faccio un po’ la “narcisista” e consiglio in primis di leggere i miei contenuti e seguirmi su IG (@meriodoc) poiché tratto personalmente di questi temi.
Sempre su IG consiglio: @elia.lien, attivista lgbtqia+, parla del suo percorso gender-affi rming e di tematiche legate alla comunità Trans*.
Consiglio il suo libro, 'Controcuor'e, che ho divorato e amato, e di cui sto realizzando delle illustrazioni.
Altre letture: 'A quick & easy guide to sex & disability' di A. Andrews, 'Club Godo, una cartografia del piacere' di June Pla, 'I corpi astinenti, il sesso tra imposizione sociale e libertà', 'Per sempre' di Assia Petricelli e Sergio Riccardi, e perché no, anche 'Il libro della vagina. Meraviglie e misteri del sesso femminile' di Nina Brochmann, Ellen Stokken Dahl e Tegnehanne.
Consiglio un paio di serie al volo e poi basta altrimenti non mi fermo più: 'Sexify', 'Pose' e 'The bold type'.