Celebri melodie francesi concludono la 45esima edizione di “Concerti di Sant’Andrea”

Sta per calare il sipario su “Concerti di Sant’Andrea 2019” e, come esige la migliore tradizione, le ultime note che risuoneranno nell’elegante navata della Collegiata per questa 45ª edizione, saranno quelle della Corale Santa Cecilia, impreziosita dalle voci soliste del soprano Valentina Vitolo e del mezzosoprano Stefania Paci, sotto la direzione di Simone Faraoni.

Celebri melodie francesi concludono la 45esima edizione di “Concerti di Sant’Andrea”

Domenica 24 novembre, alle ore 16, presso il Duomo empolese di Piazza Farinata degli Uberti, con ingresso libero, la più antica istituzione musicale della città offrirà agli ascoltatori un concerto interamente dedicato al repertorio francese tra ’800 e ‘900.
Il concerto, introdotto da una serie di improvvisazioni sull’organo appena restaurato, ad opera di Lorenzo Ancillotti, organista titolare della Collegiata e Direttore artistico della rassegna, si aprirà con la Messe brève “aux chapelles”, composta dal parigino Charles Gounod nel 1890: un ordinario che ben riflette il temperamento del compositore, grande credente e profondamente devoto. Del medesimo autore ascolteremo anche la celebre Ave Maria, nata inizialmente come parafrasi per violino e pianoforte sul primo preludio del Clavicembalo ben temperato di Bach, successivamente rielaborata per soprano e organo.

Nella seconda parte del concerto avremo occasione di apprezzare una serie di mottetti per coro, o per voci soliste, come il Panis Angelicus dalla Messe à trois voix di César Franck, il Cantate Domino di Vincent D’Indy, l’emozionante Ave verum Corpus di Camille Saint-Saëns, per concludere con tre capolavori assoluti di uno dei massimi compositori del primo Novecento, Gabriel Fauré, quali il Pie Jesu, tratto dal Requiem, op. 48, l’Ave Maria per due soprani, op. 93 e il Cantique de Jean Racine per coro a quattro voci miste, op. 11, composto nel 1864, all’età di 19 anni. Questo ultimo brano è la prima significativa opera scritta dal musicista, durante l’ultimo anno di studi presso la celebre école de musique religieuse et classique “Niedermeyer” della capitale francese.  Originariamente composto per coro a quattro voci, quintetto a corda ed arpa come pezzo per un concorso di composizione, fu pubblicato solo 12 anni dopo ed eseguito nella versione definitiva nel 1906. Il testo, Verb égal au Trés Haut, scritto in versi dal grande drammaturgo e poeta Jean Racine fa parte dei suoi Hymnes traduites du Brèviaire romani (1688) ed è una perifrasi del canto Consors Paterni Luminis risalente al Medioevo ed attribuito a Sant’Ambrogio. Si tratta di un inno all’Onnipotente che esorta i fedeli a risvegliarsi nella notte per pregare uniti e scacciare il sonno dell’anima che fa dimenticare le sue leggi ed implorare, con il canto, la benevolenza di Cristo. È musica sacra unica nel suo genere, poiché Fauré intende la religione come sorgente d’amore e mai di timore o paura e ci propone un canto solenne, dolce, pacato, talora profondo, ma mai troppo drammatico. Una musica che ispira soprattutto fede, tenerezza e meditazione e che ha destato l’ammirazione di celebri letterati come Proust e Verlaine e che tuttora affascina sia chi l’esegue, sia chi l’ascolta.